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Osservazioni e proposte sulla rete a larga banda italiana
Osservazioni e proposte sulla rete a larga banda italiana


02-03-2015  | Allegato Lettera_aperta_del_2_Marzo_2015_al_governo_e_altri_web.pdf Invia Invia mail ad un amico Stampa Stampa

Lettera aperta

Al Presidente del Consiglio Matteo Renzi
Al Sottosegretario On. Giacomelli

Lettera aperta

Al Presidente del Consiglio Matteo Renzi
Al Sottosegretario On. Giacomelli
Al Vice Segretario Generale di palazzo Chigi Tiscar
Al dott. Itzhak Yoram Gutgeld
Al dott. Andrea Guerra
Al Presidente Commissione Trasporti della Camera Michele Pompeo Meta
Al Presidente Commissione Industria del Senato Sen. Massimo Mucchetti
SEC Securities and Exchange Commision Mr Larry Spirgel Assistant Director 100 F street N.G. Washington D,C, 20549
Corte Europea diritti dell’uomo Consiglio d’Europa
67075 Strasbourg Cedex
Francia

AGCOM
Dott. Angelo Marcello Cardani Presidente AGCOM.
Dott. Antonio Nicita Commissione per le infrastrutture e le reti.
CONSOB
Presidente Dott. Giuseppe Vegas
Dott. M. Bianchi,
Dott.ssa C. Piazzini,
Dott.ssa V. Torchella,
Dott.ssa E. Falsetti
Telecom Italia S.p.A.
Presidente Dott. Giuseppe Recchi
Amministratore Delegato Dott. Marco Patuano
Componenti CDA e General counsel
telecomitalia@pec.telecomitalia.it
corporate.affairs@telecomitalia.it

Oggetto : Osservazioni e proposte sulla rete a larga banda italiana


A seguito delle ripetute indiscrezioni apparse da diversi giorni sui media, circa l’intenzione del Governo di imporre lo switch off per il passaggio dal rame alla fibra, nonchè l’architettura FTTH, qualora queste anticipazioni fossero confermate, ASATI, a tutela di tutti gli azionisti di minoranza, fa presente quanto segue.
L’imposizione di queste due misure prettamente dirigistiche rappresenterebbe, innanzitutto, un unicum a livello internazionale e, soprattutto, a livello europeo dove il passaggio dal rame alla fibra rientra (correttamente) nei piani industriali di ciascun operatore.
Il voler dettare le regole sui tempi e i modi per spengere la rete in rame e per trasformarla in una rete in fibra FTTH violerebbe principi sanciti dalla costituzione: la libertà di iniziativa economica privata (lo sviluppo della rete di Telecom Italia deve essere deciso esclusivamente dalla società) e la tutela dei diritti di proprietà (la rete in rame di Telecom Italia è di proprietà degli azionisti e non dello Stato). Ricordiamo oggi che la rete in rame e’ parte sostanziale del sostegno dell’ingente debito causato tra l’altro da quello stesso Governo che negli anni ’97-’99 ne decise una privatizzazione selvaggia che permise di realizzare un OPA a debito.
In altre parole, questo intervento statale rappresenterebbe un illegittimo esproprio di una infrastruttura (la rete in rame di Telecom Italia) di un soggetto privato e quotato in borsa, senza peraltro prevedere un indennizzo. E non si pensi di costringere TI ad un futuro servizio universale a 30 Mbit/s realizzato ed in corso di ultimazione da parte della Societa’ con tecnologia FTTC, senza un adeguato indennizzo e adeguata remunerazione del capitale investito sostenuto dai suoi azionisti, risorse che ammonterebbero a diversi Md.i di euro. Chi fornira’ queste risorse in un momento di crisi economica del Paese? E questo non va assolutamente sottovalutato dal fatto che oggi gia’ l’attuale servizio universale non trova un corretto ristoro.
Né le regole Europee prevedono la scelta di una predeterminata architettura di rete (FTTH), giacché viene riconosciuta all’operatore piena libertà nel programmare i propri investimenti in base al principio, oramai consolidato da tempo, della neutralità tecnologica e cioè il diritto dell’operatore di scegliere l’architettura di rete (FTTC vs FTTH) ritenuta più efficiente.
Il Governo sembra non rendersi conto di questa realtà e che il settore delle TLC è ampiamente disciplinato dalle direttive europee recepite nell’ordinamento nazionale e che sono passati ben 18 anni dalla piena e completa liberalizzazione.
Un intervento impositivo sulle scelte imprenditoriali di un operatore si giustificava, in passato, quando le infrastrutture di TLC erano gestite e controllate dal pubblico.
Negli ’70, ad esempio, il Ministero delle poste e delle telecomunicazioni imponeva alle concessionarie un programma dettagliato di diffusione sul territorio della teleselezione, di sostituzione delle centrali elettromeccaniche con quelle elettroniche.
L’imposizione dello switch off non si giustifica neanche considerando il ritardo accumulato dal nostro Paese nel confronto internazionale, riguardo alla copertura ultrabroadband e, quindi, il rischio di non conseguire gli obiettivi posti dall’Agenda Digitale europea.
Basti ricordare che il Piano Telecom Italia prevede investimenti in Italia, nel triennio 2015-2017, pari a circa 10 miliardi di euro, di cui circa 5 miliardi dedicati esclusivamente alla componente innovativa (NGN, LTE, Cloud Computing, Data Center, Sparkle e Trasformazione). Alla fine del 2017 Telecom Italia raggiungerà il 75% della popolazione con fibra ottica e oltre il 95% della popolazione con la rete mobile 4G, posizionandosi quale leader dello sviluppo infrastrutturale del Paese.
L’eloquenza di queste cifre evidenziano come il Governo strumentalizzi il ritardo infrastrutturale ultrabroadband del nostro Paese imponendo a Telecom Italia, soggetto privato, quotato in borsa e che opera in un mercato pienamente concorrenziale, misure di stampo sovietico.
Entrando più in dettaglio, definire fin da ora la data per lo spegnimento della rete in rame (stando alle anticipazioni della stampa il 2030 o, addirittura, parzialmente il 2020) comporterebbe, da subito, conseguenze economiche pesantissime, valutabili in diversi miliardi di euro sul goodwill della Società, mettendo seriamente a rischio l’equilibrio patrimoniale e finanziario dell’Azienda, con gravissime conseguenze sui livelli occupazionali( oggi TI occupa oltre 60.000 persone) sulla capacità di investimento (oggi TI e’ l’Azienda in Italia che investe di piu’), oltre che sulla possibilità di distribuire dividendi agli azionisti per oltre 10 anni. Lo spegnimento della rete in rame lo decidera’ la Societa’ in riferimento anche alle innovazioni tecnologiche delle tecnologie VDSL su rame che potrebbero prevedere ancora una vita lunghissima ben oltre i termini indicati.
In questo contesto, appare incomprensibile la strategia di CDP che, da un lato, "non si fida" di Telecom Italia e si rifiuta, quindi, di concederle la maggioranza in Metroweb, e, dall'altro, sempre stando alle notizie di stampa, si appresterebbe ad intervenire come azionista in una Società o in un Fondo per il salvataggio di imprese in crisi (vedi ad esempio la Sirti), dopo aver finanziato società come Generali, Snam, Terna, la catena di supermercati Finiper, etc.
Ma perché non intervenire direttamente nel capitale di Telecom Italia, come ASATI ormai da anni auspica, con regole di governance che impegnino la Società al rispetto di piani di investimento condivisi ?

L’imposizione dello switch off e della scelta architetturale come unica architettura favorirebbero l’operatore che ha investito fino ad oggi solo sulla fibra ed attraverso l’architettura FTTH (cioè Metroweb).

In conclusione, ASATI, fermo restando il proprio intendimento di rivolgersi alle istituzioni italiane e internazionali in indirizzo, invita il Governo a rivedere gli interventi sul settore preannunciati dai media.


Per Asati
Il Presidente
Ing. Franco Lombardi
Roma 2 Marzo 2015
   
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