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Lettera al Cda e Collegio Sindacale
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23-11-2015  | Allegato Lettera al Cda(23_11_2015).pdf Invia Invia mail ad un amico Stampa Stampa

Prossima riunione CdA di Telecom Italia SpA avente a oggetto la richiesta di Vivendi di integrazione dell’OdG dell’assemblea straordinaria di TI del 15 dicembre c.a.

Roma, 23 novembre 2015

Spett.le Telecom Italia S.p.A.
c.a. Consiglio di Amministrazione

Presidente, Ing. Giuseppe Recchi
Amministratore delegato, dott. Marco Patuano

Consiglieri:
prof.ssa Lucia Calvosa
dott.ssa Laura Cioli
dott.ssa Francesca Cornelli
dott.ssa Giorgina Gallo
dott.ssa Denise Kingsmill
dott. Tarak Ben Ammar
dott. Davide Benello
dott. Flavio Cattaneo
dott. Jean Paul Fitoussi
dott. Luca Marzotto
dott. Giorgio Valerio
General Counsel avv. Antonino Cusimano
Collegio Sindacale
Presidente dott. Roberto Capone
dott. Gianluca Ponzellini
dott.ssa Paola Maiorana
dott. Vincenzo Cariello
dott. Ugo Rock

Per Conoscenza:
dott. Marco Vicinanza Arca Gestioni

Oggetto: Prossima riunione CdA di Telecom Italia SpA avente a oggetto la richiesta di Vivendi di integrazione dell’OdG dell’assemblea straordinaria di TI del 15 dicembre c.a.

Facendo seguito alla nostra del 19 u.s.,(lettera) prendendo atto delle notizie diffuse in queste giorni dalla stampa nonché dalle perplessità, in diversi punti da noi condivise, espresse da diversi investitori istituzionali circa l’iniziativa del socio Vivendi, con la presente ci sentiamo in obbligo di sottolineare al CdA - che ancora non si è espresso sulla richiesta, non procedendo all’integrazione dell’OdG - alcune ulteriori considerazioni.
Sembrerebbe opinioni diffusa, anche a livello istituzionale, che il CdA - di fronte a una richiesta di integrazione dell’OdG di un’assemblea abbia solo un ruolo notarile, di mero controllo formale relativo al possesso azionario, indicazione delle materie da trattare, invio della relativa relazione contenente le motivazioni, rimandando all’assemblea la risoluzione di eventuali conflitti tra i soci.
Non ci sentiamo di concordare con tale affermazione, fosse solo per il fatto che - se così fosse - non si comprende come mai TI non abbia ancora provveduto, aggravando ancor più il già complicato iter che devono seguire le minoranze e, in particolare, la nostra Associazione, per potere raccogliere le deleghe (soprattutto se tramite sollecitazione).
L’art. 126 bis TUF co. 5, infatti, prevede che il tribunale possa ordinare con decreto l’integrazione dell’OdG richiesta “ove il rifiuto di provvedere risulti ingiustificato”. Ciò significa, per differenza, che è possibile da parte del CdA un rifiuto giustificato.
Non c’è dubbio che le norme relative ai presupposti di un eventuale diniego da parte del CdA siano lacunose se non mancanti. Dottrina e giurisprudenza, tuttavia, hanno elaborato alcune fattispecie, richiamandosi principalmente al principio generale del divieto di abuso del diritto. In particolare, è stato ritenuto legittimo il rifiuto nel caso in cui vi fosse la probabilità, in caso di esito positivo delle richieste, di dare vita a situazioni o delibere dannose per la società.
È indubbio che una delibera il cui risultato comporti la violazione dell’ordinamento o dello stesso statuto non possa non essere dannosa.
Anche tale proposito, l’eventuale conflitto generato dalla mossa di Vivendi non è direttamente contro altri soci ma verso la stessa Società, andando a confliggere con l’assetto dell’organo sociale previsto dallo Statuto e alterando l’organo collegiale nella composizione avuta in sede di assemblea.
Guardando alla ratio delle norme e, in particolare alle direttive comunitarie che ne sono a monte, nonché, più in generale, le regole e prassi internazionali in materia societaria, è evidente che l’iniziativa assembleare dei soci può essere strumento di azione delle minoranze nei confronti del socio di maggioranza oppure strumento a disposizione del socio di maggioranza per bilanciare il potere del CdA.
L’aspirazione di Vivendi di entrare nel CdA è senza dubbio legittima, molto meno, però, la strategia intrapresa: avrebbe potuto chiedere di porre all’OdG la sfiducia del CdA o di sui singoli membri e presentare candidature per la sostituzione. Come già illustrato nella nostra del 19 u.s. non ci sembrano sussistere i presupposti per tale integrazione del CdA o, comunque, per il non applicare le procedure per liste.

Passiamo ora nel merito della richiesta di Vivendi.
Le norme del c.c. in materia di nomina degli amministratori sono espressamente cedevoli rispetto alle disposizioni dello statuto (art. 2380 c.c.) e, comunque, non prevedono espressamente l’ipotesi di variazione del numero di Amministratori in corso di mandato: l’ambito della disciplina è molto chiaro, parlando di nomina iniziale, revoca, cessazione, sostituzione.
La richiesta di Vivendi, quindi, si pone come “anomala” rispetto sia all’impianto del c.c. sia a quello del TUF. Simile ipotesi, inoltre, non è contemplata neanche dallo statuto di TI.
Pertanto occorre inquadrare la richiesta di Vivendi, al fine di verificarne la compatibilità, nel sistema normativo organicamente considerato.
L’art. 147 ter del TUF e l’art. 9 dello statuto di TI concordando nello statuire che:
- il CdA è nominato per liste, con riserva di 1/3 dei posti a membri derivanti da liste di minoranza.
- Lo statuto di TI aggiunge che, per la nomina degli amministratori, per qualsiasi ragione non nominati “per liste”, l’Assemblea delibera con le maggioranze di legge, assicurando il rispetto dei requisiti di legge e Statuto in materia di composizione dell’organo collegiale.


Stando ai dati che possediamo, ci risulterebbe che azionisti di Vivendi (attualmente al 20,14% di TI) sono il gruppo Bollorè che, a sua volta, detiene il 7,5% di Mediobanca nonché azioni di Generali; e al 4,87% Black Rock Inc.
Ciò significherebbe la sussistenza di un potenziale collegamento tra i soci ex Telco, presentatori dei membri già eletti, e il socio Vivendi, collegamento che impedisce di considerare una di tali lista come di minoranza, facendo quindi “confluire” nei 2/3 dei posti spettanti alla lista c.d. di maggioranza 14 membri su 17 (anziché un massimo 11), comportando la violazione delle norme sopra richiamate.
I membri eletti da soci di minoranza rimarrebbero 3 (anziché 6), dando vita a un organo sociale completamente difforme a quello previsto dallo Statuto e dal TUF.
Inoltre, rispetto alla richiesta, per i soggetti candidati, di esonero dal divieto di concorrenza e di autorizzazione a mantenere incarichi di rilievo in Vivendi, appare dubbio che lo stesso azionista possa esercitare il diritto di voto e che, invece, non si debba astenere ex art. 2368 c.c. per conflitto di interessi. Da un lato Vivendi ha ufficialmente manifestato di voler entrare strategicamente in TI per accrescere il proprio sviluppo e dall’altro non sono state ancora fornite esaustive informazioni al mercato, con ciò rendendo difficile comprendere se e quanto gli interessi delle due società possano essere convergenti.
In conclusione, chiediamo al CdA:
1. circa il punto i) della richiesta di Vivendi, esprima parere negativo a un aumento del numero dei componenti del CdA che non solo appare ingiustificato - non conoscendo ancora tra l’altro la relazione del socio Vivendi - ma anche in palese contrasto con la linea di semplificazione e riduzione dei costi assunta da precedente assemblea;
2. circa i punti ii)-iii)-iv), non proceda a integrazione dell’OdG con le richieste pervenute dal socio Vivendi, per i motivi sopra detti;
3. qualora messe in votazione, esprima parere negativo all’aumento della remunerazione proponendo, in via alternativa, la rideterminazione dei compensi, lasciando fermo il totale triennale attualmente previsto per l’organo collegiale;
Senza dubbio, l’azione di Vivendi ha risollevato il problema di quanto TI sia (o sia lontano dall’essere) una public company.
Riteniamo sempre più necessario, quindi, introdurre modifiche allo Statuto volte a raggiungere tale obiettivo. Riterremmo opportuno che già nella prossima assemblea fosse possibile discuterne. Pertanto, qualora consentito dalle procedure, chiediamo al CdA che:
A. inserisca all’OdG, modifica dell’art. 9 dello statuto finalizzata a riconoscere l’assegnazione, con pari poteri rispetto agli altri membri, di un posto nel CdA a un rappresentante nominato dai dipendenti e di un posto nel CdA a un rappresentante nominato dall’azionariato diffuso non istituzionale;
B. modifica dello statuto volta a inserire la previsione, ex art. 2351 co. 3-4 c.c., della limitazione di voto, del voto c.d. scaglionato, con individuazione da parte dell’assemblea degli indicatori.

La presente è inviata anche al Presidente del collegio sindacale, al fine di sollecitare un adeguato esercizio dei poteri normativamente previsti, a tutela della rispondenza all’ordinamento e allo Statuto dell’operato del CdA di Telecom Italia, con richiesta esplicita, fin d’ora, di valutare l’eventuale impugnazione di una delibera consigliare presa in difformità dell’ordinamento e dello statuto vigenti.
Augurandoci che il CdA, individualmente e collegialmente, possa operare nell’ottica di un pieno e reale interesse societario, nonché rimanendo in attesa di risposte a quanto segnalato, inviamo cordiali saluti

Presidente Asati
Ing. Franco Lombardi

Roma, 23 novembre 2015
   
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